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Le missioni (32) - di Paul David Washer

Alla luce dell’importanza che il libro degli Atti e le epistole danno alla predicazione, dovremmo chiederci perché nelle moderne missioni vengano dati così poco spazio e attenzione alla proclamazione del Vangelo. In risposta a questa domanda, si potrebbero evidenziare almeno due ragioni: la sapienza umana e la paura.

A meno di una sincera e reale conversione, alla totale rinuncia alle risorse proprie dell’uomo, a una completa sottomissione alla saggezza di Dio espressa nelle Scritture e al potere di Dio attraverso la preghiera, l’uomo sceglierà sempre il pragmatismo, facendolo prevalere sui comandamenti divini. Un simile atteggiamento risulta essere particolarmente vero se si considera il grande mandato e con esso tutte le forme di evangelismo e di fondazione di nuove chiese locali che lo competono. Pare si sia propensi a scegliere un qualsiasi genere di schema umano piuttosto che seguire il semplice comandamento di predicare, come Dio stesso ha stabilito e benché si sia stati ampiamente messi in guardia in merito ai pericoli che derivano dalla disobbedienza a questo ordinamento. Nella sua epistola alla chiesa di Corinto, l’apostolo Paolo scrive:

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Le missioni (31) - di Paul David Washer

 Il fatto che il predicatore e la predicazione debbano avere il primo posto nel compimento del grande mandato e di ogni altro impegno missionario è chiaramente affermato nella lettera che l’apostolo Paolo scrisse alla chiesa di Roma:

«Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunci? E come annunceranno se non sono mandati? Com'è scritto: "Quanto sono belli i piedi di quelli che annunciano buone notizie!"»1

C’è un detto, erroneamente attribuito a San Francesco d’Assisi, che recita: “Predica l’Evangelo ovunque, usa le parole se necessario”2. Che il Vangelo debba essere vissuto davanti agli altri uomini è indiscutibile. Tuttavia questo accattivante detto non è interamente corretto. In esso c’è abbastanza errore da renderlo pericoloso. Le Scritture insegnano che Dio ha scelto di usare le parole e la comunicazione verbale quale strumento principale per la salvezza degli uomini, indipendentemente dalla nazione, tribù, popolo o lingua di appartenenza. In 1 Corinzi 1:21, l’apostolo Paolo ha scritto:

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Le missioni (30) - di Paul David Washer

 

«La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme…» Atti 6:7

«Ti scongiuro… predica la parola; insisti in ogni occasione, favorevole e sfavorevole» 2 Timoteo 4:1-2

In questa serie, in diversi articoli, ci siamo già occupati dell’importanza delle Scritture e della grandissima importanza che esse rivestono nel compimento del “grande mandato”. Tuttavia, quanto è stato già detto, risulterebbe piuttosto incompleto se non si considerasse anche la centralità della predicazione della Scrittura in tutta l’attività missionaria. Se consideriamo il libro degli Atti e le epistole, risulta molto evidente che la gran parte delle energie e della nostra forza nello svolgere l’attività missionaria dev’essere spesa primariamente nel compiere l’opera di predicatori, insegnanti ed evangelisti. Costoro, infatti, spendono la maggior parte del loro tempo nello studio della parola di Dio, nel pregare per l’avanzamento del regno di Dio e nel proclamare la parola di Dio a ogni persona. Il dato di fatto che, purtroppo, non è questo lo scenario che troviamo nel campo missionario è una delle ragioni primarie della debolezza e dell’inefficacia dei missionari contemporanei.

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Le missioni (29) - di Paul David Washer

 

«Se voi, dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Luca 11:13)

Tutto ciò che abbiamo scritto finora sul giorno della Pentecoste si riduce a una domanda finale: Come si applicano a noi oggi le verità rivelate a Pentecoste? Prima di rispondere a questa domanda, dobbiamo porre un fondamento adeguato.

Completi in Cristo

Si è detto spesso che, camminare nella verità è come camminare su una strada stretta con un fossato da entrambi i lati e che il credente è in costante pericolo di cadere da una parte o dall’altra1. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda la dottrina dello Spirito Santo. Da un lato, ci sono coloro che sostengono che già all’atto della conversione, nel credente dimori lo Spirito Santo, per cui egli deve semplicemente camminare per fede in questa verità senza cercare altro. Ci sono altri, invece, che sostengono che il credente sia incompleto finché non è stato battezzato o riempito di Spirito Santo e che tale esperienza deve essere evidenziata da qualche segno o meraviglia. È opinione dell’autore che entrambi i gruppi siano caduti nei fossati opposti.

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