La priorità della predicazione

Stampa

paul washer round

Le missioni (31) - di Paul David Washer

 Il fatto che il predicatore e la predicazione debbano avere il primo posto nel compimento del grande mandato e di ogni altro impegno missionario è chiaramente affermato nella lettera che l’apostolo Paolo scrisse alla chiesa di Roma:

«Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunci? E come annunceranno se non sono mandati? Com'è scritto: "Quanto sono belli i piedi di quelli che annunciano buone notizie!"»1

C’è un detto, erroneamente attribuito a San Francesco d’Assisi, che recita: “Predica l’Evangelo ovunque, usa le parole se necessario”2. Che il Vangelo debba essere vissuto davanti agli altri uomini è indiscutibile. Tuttavia questo accattivante detto non è interamente corretto. In esso c’è abbastanza errore da renderlo pericoloso. Le Scritture insegnano che Dio ha scelto di usare le parole e la comunicazione verbale quale strumento principale per la salvezza degli uomini, indipendentemente dalla nazione, tribù, popolo o lingua di appartenenza. In 1 Corinzi 1:21, l’apostolo Paolo ha scritto:

Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.

Anche una veloce lettura di questa epistola mostrerà chiaramente che il principale strumento che Dio ha scelto per comunicare la sua verità agli uomini è quello della proclamazione o predicazione. Nella sua prima lettera ai Corinzi, Paolo fa un’affermazione molto importante: “Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare”3. Paolo non sta sminuendo l’importanza del battesimo o riscrivendo il grande mandato dove esso è chiaramente comandato4; sta invece dimostrando l’importanza della predicazione del Vangelo senza la quale non ci sarebbe nessuno da battezzare.

Gesù iniziò il suo ministero “predicando il vangelo di Dio”5. AI suoi discepoli disse: “Andiamo altrove, per i villaggi vicini, affinché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto”6. Anche l’apostolo Paolo, come il suo Signore, fu un predicatore: egli dichiarò che per amore di questo Vangelo egli era stato costituito predicatore ed apostolo7, e che compiva questo mandato mosso da un’ingiunzione divina8. Dalla sua corrispondenza apprendiamo che era “pronto ad annunciare il vangelo,”9 e che la sua aspirazione era quella di predicare non dove “il nome di Cristo” era già era stato portato10, bensì ai “paesi che sono al di là”11. Paolo cercò di comunicare questa sua passione per la predicazione del Vangelo ai suoi discepoli. Ammonì il giovane Timoteo con queste parole: “Sforzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità”12; lo esortò affinché nella chiesa egli si applicasse “alla lettura, all'esortazione, all'insegnamento”13, mentre al di fuori della chiesa lo ammonì affinché sopportasse le sofferenze e facesse l’opera dell’evangelista14. Giunto alla fine della sua vita Paolo rivolse, a Timoteo e a tutti quelli che lo avrebbero seguito nei “paesi che sono al di là”, la seguente esortazione:

Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza15.


NOTE

1 Romani 10:14-15

2 Molti studiosi concordano sul fatto che ciò che Francesco realmente disse fu: “Non serve a nulla andare dappertutto a predicare il Vangelo se il modo in cui viviamo non corrisponde con la nostra predicazione”.

3 1 Corinzi 1:17

4 Matteo 28:18-20

5 Marco 1:14

6 Marco 1:38

7 1 Timoteo 2:5-8

8 1 Corinzi 9:16

9 Romani 1:15

10 Romani 15:20

11 2 Corinzi 10:16

12 2 Timoteo 2:15

13 1 Timoteo 4:13

14 2 Timoteo 4:5

15 2 Timoteo 4:1-2